In musica, un modo è una scala derivata da una corrispondente scala musicale variando semplicemente la nota iniziale.

A qualsiasi scala musicale può essere applicato il concetto di modo.

Una scala qualsiasi genera tanti modi quante sono le note della scala.

Per le scale diatoniche, costituite da sette note, si possono contare 7 modi distinti.

Tuttavia in alcuni casi i modi “effettivamente esistenti” possono essere in numero inferiore al numero di note della scala.
Questo quando anche a partire da note diverse si ha la stessa successione di intervalli.

La scala diminuita (costituita da 8 note e da una successione di otto intervalli in cui ad un tono segue sempre un semitono o viceversa), dove i modi osservati sono soltanto due.
La scala esatonale (sei note separate da sei intervalli di tono) che ha un solo modo (a partire da qualsiasi nota, infatti, si osserva sempre e solo una successione di sei toni).
La scala cromatica (12 note separate da 12 intervalli pari a un semitono) che pure ha un solo modo (a partire da qualsiasi nota, infatti, si osserva sempre e solo una successione di dodici semitoni).

I modi musicali più noti e studiati sono i modi della scala maggiore, ai quali vengono attribuiti specifici nomi.

L’importanza di tale scala e dei relativi modi è dovuta al fatto che su essa si basa il sistema tonale occidentale, ovvero l’insieme delle note di base di qualsiasi brano musicale.

Nella musica occidentale ogni scala contiene il concetto di Modo e Tono.

La tonalità è strettamente legata alla scala musicale.

Nel passato in tutta Europa la musica era modale, ben oltre il periodo del canto gregoriano.

Tra il XV e il XVIII secolo si sviluppa l’ armonia tonale, in cui la musica gravitava intorno al centro tonale principale (la tonica), e si sviluppava attraverso una successione di accordi associati ai vari gradi della scala.
In particolari condizioni qualcuno di essi poteva imporsi come nuova tonica, passando così dalla tonalità di partenza ad un’altra tonalità.
È il principio della modulazione, che ampliò grandemente le possibilità musicali e la complessità del nuovo sistema tonale.

La costruzione.

Le sette note della musica occidentale vengono messe in serie per grado congiunto in modo da dar vita a scale ascendenti.

L’idea è semplice: presa una scala “tradizionale” (maggiore, minore melodica, minore armonica), si costruisce una nuova scala per ogni nota della scala considerata.

In questo modo, da ogni scala “tradizionale” si ottengono sette modi con sette differenti sequenze di intervalli per ognuno.

Ovviamente, le scale costruite sul primo grado di ognuna delle scale tradizionali coincidono con le scale tradizionali medesime.

I loro nomi derivano per lo più da nomi di antiche scale greche.

Ci sono tre sistemi per memorizzare i modi:
la tonalità di provenienza, la formula e le differenze con le scale maggiori e minori.

Posso ottenere si locrio con i tre sistemi:

1. pensando che, essendo il settimo modo di do maggiore, corrisponde alla scala di do maggiore a partire da si.

2. memorizzando la formula, che per il locrio è 1 b2 b3 4 b5 b6 b7 8, e applicandola alla tonica si.

3. ricordando che, rispetto alla scala di si minore naturale, il modo locrio presenta seconda e quinta abbassate.

Storia

Nella musica della Grecia antica i modi prendevano il nome di harmonìai (ἁρμονίαι), armonie; si trattava di 8 scale discendenti alle quali veniva attribuita una denominazione etnica: armonia dorica, frigia, ecc.
La teoria musicale greca prevedeva che esse fossero costituite da due tetracordi discendenti formati da 4 note per grado congiunto. I tetracordi in questione dovevano essere omologhi, cioè dovevano presentare la stessa serie di toni e semitoni. Ad esempio, l’armonia dorica era formata dalle note Mi Re Do Si – La Sol Fa Mi, dove entrambi i tetracordi erano formati dagli intervalli discendenti T T ST.

Anche se molti pensano che i modi ecclesiastici, vale a dire i modi della musica europea medievale, discendano direttamente da questa nozione di modalità, la loro nascita è diversa perché direttamente connessa con il repertorio liturgico della chiesa cristiana. Le terminologie teoriche furono però ricavate dalla teoria musicale greca, compresi i termini etnici connessi ai modi, con la differenza che furono applicati quelli utilizzati per definire le trasposizioni tonali dei modi (detti tropi) ai diversi modi musicali, ottenendo uno sfasamento ravvisabile ancora oggi (il modo di Mi, infatti, che in Grecia era il modo dorico, per i teorici latini divenne il modo frigio; analogo sfasamento per tutti gli altri modi).
Nel XVI secolo, il teorico svizzero Glareano pubblicò il Dodekachordon, nel quale solidifica il concetto dei modi ecclesiastici, aggiungendone altri quattro: l’eolio, l’ipoeolio, lo ionico e l’ipoionico; questi ultimi modi non sono altro che la prima apparizione teorica dei modi maggiore e minore.
La musica antica ha fatto grande uso dei modi ecclesiastici, che non si limitavano alle diverse scale musicali utilizzate. Come spiega la musicologa Liane Curtis (1988), nella musica medievale e rinascimentale “non bisogna pensare i modi equivalenti alle scale; i principi dell’organizzazione melodica, il posizionamento delle cadenze, e l’emotività indotta sono parti essenziali del contenuto modale”.
In seguito, però, i modi sono stati organizzati basandosi sulla loro relazione rispetto alle successioni di intervalli relativi alla scala maggiore. La concezione moderna delle scale modali descrive un sistema dove ogni modo ha la scala diatonica usuale, ma inizia da una nota diversa.
I modi sono tornati di moda all’inizio del secolo scorso, nello sviluppo del jazz (jazz modale) e nella musica contemporanea. Anche molta musica folk è composta, o si può analizzare, pensando ai modi. Ad esempio, nella musica tradizionale irlandese compaiono i modi ionico, dorico, eolio e misolidio, in ordine più o meno decrescente di frequenza; con l’evoluzione del modo eolio, in cui si alza la settima di un semitono, formando la scala minore armonica, costituisce la base di tutti i brani del genere flamenco.

ilGallo

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