partitura per pianoforte qui.

Stesura e giro armonico:

INTRO:
[:  F  G ][  C  F   ][  C  G  ][   F   :] [   G rall.   ] VERSE:
[   C   ][   E-/B  ][  Bb5b  ][   A   ] [   Ab  ][   C-/G  ][   G  ][   G7   ] [   C    ][3/4  ] VERSE:
[   C   ][   E-/B  ][  Bb5b  ][   A   ] [   Ab  ][   C-/G  ][   G  ][   F   ][       ] CHORUS:
[   A  ][   F#-  ][   G  ][   D   ] [   A A7 ][   F#-  ][   G  ][2/4  G7   ] [   C  C/B   ][   A-  ] [   G-  C7 ][   F   ] [   F-  ][   D   ][  G   ] VIOLINI:
[   F   ][  F   ][  G   ] VERSE:
[   C   ][   E-/B  ][  Bb5b  ][   A   ] [   Ab  ][   C-/G  ][   G  ][   F   ][       ] CHORUS:
INTRO:
[:  F  G ][  C  F   ][  C  G  ][   F   :] [   G rall.   ][  C   ]

testo:

Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno,
giuro che lo farò,
e oltre l’azzurro della tenda nell’azzurro io volerò.
Quando la donna cannone
d’oro e d’argento diventerà,
senza passare dalla stazione
l’ultimo treno prenderà.

E in faccia ai maligni e ai superbi il mio nome scintillerà,
dalle porte della notte il giorno si bloccherà,
un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà
e dalla bocca del cannone una canzone suonerà.

E con le mani amore, per le mani ti prenderò
e senza dire parole nel mio cuore ti porterò
e non avrò paura se non sarò bella come dici tu
ma voleremo in cielo in carne ed ossa,
non torneremo più…
na na na na na

e senza fame e senza sete
e senza ali e senza rete voleremo via.

Così la donna cannone,
quell’enorme mistero volò
tutta sola verso un cielo nero nero s’incamminò.
Tutti chiusero gli occhi nell’attimo esatto in cui sparì,
altri giurarono e spergiurarono che non erano stati lì.

E con le mani amore, con le mani ti prenderò
e senza dire parole nel mio cuore ti porterò
e non avrò paura se non sarò bella come vuoi tu
ma voleremo in cielo in carne ed ossa,
non torneremo più…
na na na na na

E senza fame e senza sete
e senza ali e senza rete voleremo via…

Secondo il sito ufficiale dell’artista, il pezzo sarebbe stato ispirato da un fatto di cronaca: un circo si trovava sull’orlo del fallimento dopo che la donna cannone, sua massima attrazione, era fuggita per seguire un grande amore. Nei versi di De Gregori la donna, svincolata dagli stereotipi del “fenomeno da baraccone”, racconta in prima persona la sua fuga dando voce ad uno smisurato desiderio di amore, di tenerezza e, soprattutto, di una vita normale, lontana da chi sfrutta le diversità a fini spettacolari. Ed é proprio quando ritrae personaggi fuori dal comune, spesso emarginati o mal integrati nella società che De Gregori dà il meglio di sè come autore, riuscendo come pochi altri a calarsi pienamente in una prospettiva che non é quasi mai quella “ufficiale” dei giornali o dei libri di storia.

di Paolo Jachia:

Autore e data di composizione: parole e musica di Francesco De Gregori -1986

Periodo/Successo. La produzione di De Gregori ha sempre avuto una doppia faccia: quella fortemente legata alla storia e alla contemporaneità e quella legata a un percorso più personale ed interiore, dove le date – come in questo caso – contano molto meno. Il successo di De Gregori, cominciato negli anni Settanta e proseguito fino ad ora, è dunque dovuto all’alternarsi preciso e sapiente di queste due linee di poetica.

Commento: Questa canzone – per certo una delle più belle e più amate dagli estimatori di De Gregori – evidenzia due caratteristiche tipiche di De Gregori: da un lato l’uso “piano” e regolare della lingua, dall’altro il suo utilizzare metafore e costrutti logico-sintattici inusitati e di estrema e programmatica difficoltà comprensiva.
Dice De Gregori: “Le canzoni che scrivo sono per loro natura ambigue, non si prestano a una lettura semplice… mi piace che una canzone possa essere letta in due modi, possa voler dire due cose insieme”. Nondimeno; se volessimo cercare il significato preciso della “Donna cannone” – facendo quel lavoro di anatomia che De Gregori, giustamente, come artista, non vuole e non deve fare – questa sarebbe semplificando una sua parafrasi esplicativa:
La donna cannone, piccolo mostro e piccolo artista, sceglie di morire per amore: crede di volare nell’azzurro del suo sogno d’amore, crede di poter divenire “d’oro e d’argento”, ma invece si incammina verso la morte, cioè verso un “cielo nero nero” e verso un “enorme mistero”, accompagnata in questo ultimo viaggio – un “ultimo treno” preso senza bisogno di passare da nessuna stazione – dal disprezzo e dall’indifferenza di tutti… eppure il suo sogno d’amore è più forte di tutto questo, più forte persino della morte: “e non avrò paura se non sarò bella come dici tu /… e senza ali e senza sete, e senza ali e senza rete (io e te, amore) voleremo via”.
Ma, se come dice De Gregori, questa parafrasi non spiega niente del magismo struggente e malinconico della sua canzone, del suo essere un sogno senza speranza eppure raccontato con straordinaria e poetica partecipazione – da notare ancora il gioco sapiente dei pronomi e il contrasto insistito dei colori.
E’ vero però anche che il confronto tra questa pedestre parafrasi critica e il testo di De Gregori ci può aiutare a capire quali siano le caratteristiche della tecnica artistica di De Gregori. Nella “Donna cannone” troviamo un modo particolare di raccontare che spezza – secondo la più tipica tecnica artistica otto-novecentesca – il consueto percorso logico-sintattico per una comunicazione che è sì più ellittica, ma molto più capace di coinvolgere e conquistare – agendo anche attraverso musica e voce – cuore e cervello.
In questo De Gregori è coerente con quanto detto da un grande poeta quale Roberto Roversi il quale sostiene che la canzone “arriva veloce al cuore a alla mente dell’uomo”.
Echi letterari De Gregori è un poeta colto e il suo simbolismo deriva tanto da quello di Bob Dylan quanto da quello dei poeti simbolisti francesi: così probabilmente dietro la sua “Donna cannone” – il circo è un tema romantico e decadente – vi è “Le Clown” del poeta francese Theodore Banville (1823-1891): “dal suo abietto palcoscenico / il clown saltò su in alto, così in alto / che sfondò perfino il soffitto di tela… E il cuore – divorato dall’amore – / andò a far capriole fra le stelle”.
Ma forse più che cercare fonti ispirative è importante ricordare quel che dice direttamente De Gregori: “Non sopporto chi dice che la canzone è poesia. A volte ti puoi sbarazzare di uno dandogli del poeta. Un conto è dirgli che è comunque un narratore, un altro è pretendere che i suoi versi conservino un senso anche se avulsi dalla musica” (cfr. l’Unità, 30 sett. 1992 e in “Cantautori Italiani” n°7).
Influenze sulla musica successiva: De Gregori ha giocato un ruolo fondamentale nella storia di due grandi artisti italiani. Nei primi anni Settanta ha aperto al rock e a Bob Dylan Fabrizio De Andrè stanco degli chansonnier francesi (molto del modo di scrivere di De Gregori lo si ritrova poi in un altro grande amico e successivo collaboratore di De Andrè, il cantautore Massimo Bubola); in seguito -ma ancora negli anni Settanta – ha insegnato a un Lucio Dalla orfano del paroliere e poeta Roberto Roversi lo sforzo di dire i propri sentimenti.

 

 

ilGallo

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